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386 ATTO PRIMO

uno scudo al giorno di entrata. Le rendite sono soggette a disgrazie. L’industria si sa difendere in ogni tempo. Parlo bene?

Orsolina. Voi parlate da quell’uomo che siete. In avvenire cercherò di moltiplicare il guadagno. Farò che mi frutti bene il danaro che mi lasciate. Alzerò nella mia bottega due o tre banche di faraone; m’interesserò nelle banche, e guadagnerò nelle carte e nel gioco. Comprerò delle scatole e degli orologi dai giocatori. Presterò qualche danaro senza pericolo, e colla speranza di profittare. Tutte cose che in un’armata fanno arricchire prestissimo; non è egli vero?

Polidoro. Benissimo.

Orsolina. E vi renderò conto di tutto quello ch’io faccio.

Polidoro. Benissimo.

Orsolina. E quando sarà terminata la guerra...

Polidoro. Vedo colà due sergenti che aspettano. Orsolina mia, a rivederci. (in atto di partire)

Orsolina. Non vi scordate di me.

Polidoro. Non vi è dubbio. (come sopra)

Orsolina. Credetemi, che anch’io ho dell’amore per voi.

Polidoro. Benissimo. (come sopra)

Orsolina. E sarete contento di me.

Polidoro. Benissimo. (parte)

SCENA VII.

Orsolina, poi Aspasia.

Orsolina. Questa, per dire la verità, sarebbe per me una gran sorte, che avessi tutto ad un tratto a divenire illustrissima. Chi sa? mi par di essere su la buona strada. Oh benedetta la guerra! alla guerra soltanto si possono vedere di questi balzi impetuosi della fortuna. Ma ecco la figliuola del commissario; conviene ch’io studi di guadagnarmi l’animo di costei, per non avere un nemico in casa.

Aspasia. Cosa volete qui? che cercate? chi domandate?

Orsolina. Cercava di lei, illustrissima signora.