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LA DONNA DI MANEGGIO 205

Giulia. Perdoni. Ho qualche lettera di premura.

Properzio. Ma vossignoria mi tiene tutto il giorno il segretario occupato.

Giulia. Vuol ella ch’io supplisca al di lui salario colla mia mesata?

Properzio. Non dico questo. Ma vorrei servirmene ancora io.

Giulia. Basta ch’ella lo dica, sarà a servirla.

Properzio. A proposito. Vossignoria che ha tante corrispondenze, le darebbe l’animo di scrivere a Roma a qualcheduno, che mi provvedesse di un buon cameriere?

Giulia. Per lei?

Properzio. Per me.

Giulia. Non ha il suo?

Properzio. Ho stabilito di licenziarlo.

Giulia. Perchè?

Properzio. Perchè è un ladro.

Giulia. Le ha rubato qualche cosa?

Properzio. Non mi ha rubato, ma aveva intenzion di rubarmi.

Giulia. E come ha potuto raccogliere questa sua intenzione?

Properzio. Questa mattina sono uscito di casa, e mi sono scordate le chiavi sul mio tavolino. Egli mi ha lasciato partire senza avvisarmi, e senz’altro ha avuto in animo di rubarmi.

Giulia. Perdoni; può essere ch’egli neppure se ne sia avveduto.

Properzio. Eh! se n’è avveduto benissimo, e tanto se n’è avveduto, che tornato in casa, aveva egli le chiavi in tasca.

Giulia. Le avrà levate dal tavolino per maggior cautela.

Properzio. Signora no, le levò per rubare.

Giulia. Le manca niente?

Properzio. Niente.

Giulia. Dunque non ha voluto rubare.

Properzio. Dunque, dunque; ella ha sempre i suoi dunque, e vuol ritorcere ogni mio argomento col dunque, e mi vuol dare del babbuino col dunque. Dunque, dunque; mi voleva rubare dunque, e se io lo dico, è così dunque; con permissione del dunque, e con rispetto del dunque. (alterato)

Giulia. (Ci vuole una gran sofferenza).