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LA DONNA DI MANEGGIO 227


SCENA V.

Donna Giulia e Fabrizio.

Fabrizio. Signora, adoperi, or piucchè mai, la di lei virtù. Non si lasci abbattere da una persecuzion manifesta.

Giulia. No, non mi perdo di animo. Le cose, quando giungono agli estremi, sono prossime al cambiamento. Don Properzio vorrebbe mettermi al punto di qualche precipitata risoluzione, che avesse poscia da ridondare in avvantaggio della sordida sua avarizia. Sono in impegno di deludere le sue speranze, e di condurmi per una strada da lui sconosciuta. Grazie al cielo, in tutti i maneggi più spinosi e difficili ne sono uscita con gloria, e spero che mi abbia a valere per me medesima quella condotta che mi ha giovato per altri. Vedrete che don Properzio si pentirà d’avermi insultata, e saprò forse assicurarmi senza violenze e senza rumori la mia tranquillità. Intanto non perdiamo di vista don Alessandro. Fatemi voi la finezza di far in modo ch’io possa parlare con donna Aurelia. Vedetela, e sappiatemi dire se ha difficoltà di venir da me.

Fabrizio. Terminata che avrò questa lettera, non mancherò di servirla.

SCENA VI.

Don Properzio e detti.

Properzio. Servidore umilissimo della signora.

Giulia. Serva sua.

Properzio. Signor segretario, una parola.

Fabrizio. Comandi. (s’alza)

Properzio. Venga qui. Si contenti di venir qui. Si compiaccia d’incomodarsi, e di venir qui.

Giulia. Via, andate. Il padrone comanda, andate. (a Fabrizio)

Fabrizio.(Oh se non fosse per lei, non ci starei un momento.) (s’avvia alla volta di don Properzio)

Giulia. (Non vi vuol poco a dissimulare). (da sè)