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Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1915, XX.djvu/267

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L'OSTERIA DELLA POSTA 257

Marchese. No, signore, non dubitate; per ciò non ci batteremo. Dica ciò che vuole il tenente, dirò anche io che il Marchese è un uomo d’onore, ma è necessario altresì ch’io prevenga questa virtuosa damina, esser egli soggetto ai trasporti dell’ira ed agli incomodi della gelosia. Se non è ella disposta a tollerarlo coi suoi difetti, torni pure a Milano, ponga in calma il suo spirito, non tema dell’insistenza del cavaliere, prometto io per esso, che sarà posta dal canto suo in intierissima libertà.

Conte. Potete voi compromettervi della volontà del Marchese?

Marchese. Non ardirei di così parlare, s’io non ne fossi sicuro.

Contessa. Scusatemi, signor capitano. Ho qualche ragione di sospettare della vostra sincerità.

Barone. Eh via, signora Contessa, fidatevi dell’onestà di un uffìziale d’onore. Ei vi assicura, che il marchese Leonardo non è per voi.

Marchese. Signore, di un’altra cosa assicura la signora Contessa: che il Marchese non ardirà per questo di rimproverar lei, nè suo padre; ma farà con voi a suo tempo quei risentimenti, che sono dovuti alle vostre male intenzioni.

Barone. Spero che il marchese Leonardo sarà più ragionevole che voi non siete.

Contessa. Tronchinsi omai questi importuni ragionamenti. Signor padre, andiamo, se vi contentate, andiamo tosto a Torino.

Marchese. Risparmiate l’incomodo. Io non vi consiglio di andarvi.

Contessa. E per qual ragione, signore?

Marchese. Perchè il marchese Leonardo non vi piacerà.

Contessa. Voi non potete di ciò assicurarvi.

Marchese. Ne son certissimo.

Contessa. E con qual fondamento?

Marchese. Con quello delle vostre parole.

Contessa. Può essere che nel trattarlo lo trovi più amabile di quello che voi me lo dipingete.

Tenente. Assicuratevi, che ne resterete contenta. (alla Contessa)

Marchese. Non è possibile.