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310 ATTO TERZO
D. Giovanni. Ovunque giri curioso il guardo,

Splender vegg’io la maestade Ibera.
Ma ancor non s’appresenta agli occhi miei
Rara beltade a incatenarmi il cuore.
Le catene d’amore io prendo a giuoco,
Poichè costanza nell’amar non serbo.
Amo sol quanto1 il giovanil desio
Secondar mi compiaccio, e solo apprezzo
Quella beltà che possedere io spero.
Piacquemi un dì donna Isabella, e quasi
Mi sedusse ad amarla, oltre il costume;
Ma credendo l’incauta a’ miei sospiri,
Sol di mia libertà mi resi amante.
Così la pastorella, ed altre cento
Lusingate da me... Ma quale oggetto
Si presenta a’ miei lumi? O ch’io traveggo,
O che donna Isabella in viril spoglia
Importuna mi segue. Ah sì, ch’è dessa;
Quest’incontro si sfugga. (in atto di partire
D. Isabella.   Cavaliero,
Non isdegnate trattenere il passo:
Favellarvi degg’io.
D. Giovanni.   Qualunque siate,
Incognito a’ miei lumi, ad altro tempo
Serbatemi l’onor de’ vostri cenni:
Trattenermi non posso.
D. Isabella.   Ah don Giovanni,
Così l’effigie mia come dal cuore,
Dalla memoria cancellata avete?
Non ravvisate in me quell’infelice
Che ingannata da voi, da voi tradita,
Spoglie cambiò per inseguirvi? Ingrato!
Non conoscermi fingi?
D. Giovanni.   In viril spoglia

  1. In altre edizioni: quando.