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ARTEMISIA 237
E pria che il tempio ai peregrin fia chiuso,

Pietà mi sprona a venerar gli Dei.
Talete. (Nuova all’orecchio non mi par tal voce).
Zeontippo. Dimmi, è questa la tomba al nome alzata
Del Cario re dalla consorte afflitta?
Talete. Sì; che ti par? Potea con maggior pompa
Spiegar l’affetto e la real grandezza?
Zeontippo. Misera vanità! Cener coniuso
Sarà un giorno il gran re col vil pastore.
Talete. (Anche il sembiante riconoscer parmi).
Dimmi, qual nome ha il figlio tuo smarrito?
Zeontippo. Euriso.
Talete.   Euriso? Ah fossi tu qui giunto
Poco prima, buon vecchio! Il caro figlio
Stringer potevi fra le braccia.
Zeontippo.   Oh Numi!
Lo vedesti? Ti è noto?
Talete.   Il vidi, e seco
Usai pietà più che non credi. Ha un’alma
Sì gentile nel sen, sì dolce ha il tratto,
Che a sua volgar condizlon contrasta.
Zeontippo. (Oh amabile garzon!)
Talete. Qual’è il tuo nome?
Zeontippo.   Zeontippo.
Talete. Eppure io giurerei che il nome
Mentisce il padre, e l’ha mentito il figlio.
Zeontippo. E chi sei tu che sospettando insulti?
Talete. Son un che ti conosce, e la memoria
Dopo tre lustri non perdeo d’Aminta.
Impallidisci? Lo celarti è vano.
Zeontippo. (Assistetemi, o Dei).
Talete.   Talete io sono.
Guardami meglio, e in me colui ravvisa
Che a parte fu dell’amoroso inganno
Dal re tessuto alla dolente sposa.