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LA DALMATINA 23
Sangue d’illustri eroi, d’eterna gloria erede,

Che alla sua vita istessa sa preferir la fede;
Che più d’ogni grandezza ama il natio splendore,
Che la fortezza ispira e il militar valore.
Della Dalmazia in seno ho il mio natal sortito
Dove l’adriaco mare bagna pietoso il lito.
Dove goder concede felicitade intera
Il Leon generoso che dolcemente impera.
Sì quel Leone invitto che i popoli governa
Con saper, con giustizia, e la clemenza alterna.
Che sa premiare il merto, che sa punir l’audace,
Che nel suo vasto impero fa rifiorir la pace.
L’almo Leon temuto, cui della fede il zelo
Caro agli uomini rende, e lo protegge il Cielo.
Ibraim. Per la tua patria ammiro, lodo il costante affetto:
Merta il Leon, cui veneri, merta l’altrui rispetto;
E venerar si vuole non men su questo lido
D’Adria felice il nome, e di sua fama il grido.
Contro chi il mar frequenta, armar legno nemico
Dai soliti corsali sai ch’è costume antico.
Schiava ti fero i nostri d’Alì sotto il comando;
Dimmi cotal sventura come incontrasti, e quando?
Zandira. Chiesta al mio genitore da un nazional per sposa,
Alle proposte nozze non mi mostrai ritrosa.
Cattaro è il suol nativo del mio consorte eletto,
Di cui per la distanza m’è ignoto ancor l’aspetto;
Ma al genitor dovendo quest’umile tributo,
Non ricusai di stringere sposo non conosciuto.
Me lo dipinse il padre uom valoroso e prode,
Uom che pel suo coraggio merta rispetto e lode,
Prole de’ Radovicci, stirpe gloriosa, antica,
Della sua patria amante, e della gloria amica.
Dissemi, che impiegato in pubblico servizio.
Altrove non potevasi contrar lo sposalizio.
Ch’esser doveva io stessa al sposo mio guidata,