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370 ATTO SECONDO
Parlisi sol di Nino e dell’Assirio trono.

Posso sperar che pace doni al garzon regnante?
Zoroastro. Deh! non celarmi il vero. Sei del garzone amante?
Semiramide. Perchè vuoi tu costringermi a palesar l’arcano?
Lascia per or ch’io taccia.
Zoroastro.   (Ah, mi lusingo invano!) (da sè
Semiramide. Se il re Babilonese mi amasse a cotal segno,
Mi crederesti indegna di possedere un regno?
Zoroastro. Ah no, chi ti conosce, pensa di te altrimenti:
Nata tu sei, Semira, ad operar portenti.
La tua virtù congiunta a singolar bellezza,
L’anima generosa alle grand’opre avvezza...
Semiramide. Basta, signor, deh! basta, non mi adular cotanto.
Zoroastro. Può dubitar ch’io finga, chi ha di sincera il vanto?
Semiramide. A ragion mi rinfacci. Signor, perdon ti chiedo.
Nel tuo bel cor sincero la mia fortuna io vedo.
Ah! se il destin mi avesse condotta a te dinante,
Quando fioria purpurea la guancia colmeggiale...
Zoroastro. Seguita, di’ qual brama nutri, Semira, in seno?
Semiramide. Del nome e di mia fama il mondo avrei ripieno.
Dicolo senza orgoglio: son donna, è ver, ma tale,
Capace d’ogni impresa per rendermi immortale.
E ad un eroe vicina, che ha di sapienza il dono.
Amata e rispettata sarei più che non sono.
Zoroastro. Bella, dal verde aprile tu non uscisti ancora;
La rosa e il bianco giglio il tuo bel volto infiora.
Nota è la tua virtude: ma se qual son, ti giova,
Meco le arcane cose puoi rintracciare a prova.
E se ad un regno aspiri, forza è pur ch’io tel dica:
Chi sa che qui non trovi sorte al tuo genio amica?
Semiramide. Perdonami. Il mio core tanto sperar non osa.
Rammentati la fede giurata alla tua sposa.
Un re che sudò tanto a meritar gli allori,
Soffra la sua catena, e la costanza onori.
Oh dio! quella fortezza, che ora mi scorgi in volto,