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394 ATTO QUARTO
Il furibondo Marte accelera I’impegno.

Ah! che sarà di noi? La ria costellazione
Fabbrica ed avvicina la nostra perdizione,
Se noi per evitare i prossimi disastri,
Non adopriam la forza per contrastare agli astri.
Pera quel che fomenta contro di noi lo sdegno,
Perda di Battria il soglio chi è di regnar indegno.
Si vendichi Nicotri, ch’è giustamente accesa,
Prole di regal sangue da Zoroastro offesa.
Ed accordando a Nino annui tributi e doni,
Rendiamci da noi stessi e liberi e padroni.
Ardua non è l’impresa. Colpa non è il tentarla,
Se chi occupa la reggia, non giunse a meritarla.
Parla in me della patria amor, giustizia e zelo;
Secondatemi, amici, e ci protegga il Cielo.
Sidone. Sì, sì, parve a me pure nel ciel settentrionale
L’altr’ieri aver scoperto il sinodo fatale;
Marte, Mercurio e Venere, in trigona figura,
Coprian l’Orsa minore, o sia la Cinosura.
Non si vedean del Carro brillar le sette stelle
Che formano il timone, che forman le rotelle;
E ho detto fra me stesso col mio saper profondo:
Se cascano i pianeti, è fracassato il mondo.
Cleonte valoroso con perspicace ingegno
Dice che la rovina cadrà sul nostro regno?
Armi dunque, o compagni; tutti correte all’armi.
Combattete da prodi, ch’io correrò a salvarmi.
Lisimaco. Soffersi impaziente finora e di mal core
Per trigoni e pianeti menar tanto rumore.
Marte, Mercurio e Venere nomi sognati e vani
Ebber nei primi secoli dai popoli Egiziani.
E in quella guisa appunto che fur nei tempi andati
Per simboli e figure i Dei moltiplicati,
Tale agli astri insensati nome e poter si diede,
E alle false dottrine il popolo diè fede.