Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1927, XXV.djvu/62

Da Wikisource.
58 ATTO TERZO
Noto è ancor di mia figlia il miserabil fato).

Lisauro. (Ah, d’Argenide il padre; dove m’ascondo? oh Numi!)
Canadir. Fermati, invan procuri nasconderti a’ miei lumi.
Perfido, di mia figlia sai la crudel sventura?
Lisauro. Ah foss’io degli abissi nella magione oscura.
Canadir. Questa è la fè che serbi a chi d’amore in segno
Genero suo ti chiama, ti offre una figlia in pegno?
Solo di mia famiglia, ricco nella mia fede,
Render te sol destino di ogni mio bene erede.
Carco finor ti rendo di benefizi e doni,
Fè prometti alla sposa, l’inganni e l’abbandoni?
Questo della tua patria è l’onorevol grido,
Che ai Dalmati recasti, che or porti a questo lido?
Qual della greca fede avrà concetto il mondo,
Di tradimenti un Greco nel rimirar fecondo!
Di tal ingrato eccesso, di tai pensieri audaci,
Quei che barbari appelli, no non sarian capaci,
Chè d’onestà le leggi sono nell’uom le prime,
Che dappertutto il Cielo e la natura imprime.
Alza i lumi dal suolo, mirami, traditore.
Dimmi se almen risenti in faccia mia rossore.
Lisauro. Ah mi piomban sul core queste tue voci amare;
Pria che soffrir tal pena, foss’io perito in mare;
Mi avessero i corsari pria lacerato il seno;
Anzi che de’ miei scorni soffrir l’aspro veleno.
Canadir. Sensi d’alma ribalda che la ragion non sente,
Che della colpa al nome s’adira, e non si pente.
Lisauro. Qual pentimento inutile posso offerirti io mai,
Se risarcir m’è tolto quel ben ch’io ti levai?
Perdesti una tua figlia, il traditore io sono.
Non mi lusinga il cuore di meritar perdono.
Canadir. Il cuor della mia figlia tu conoscesti a prova.
Pentiti, e da quell’alma tutto sperar ti giova.
Lisauro. Ah sì! bell’alma pura che in Ciel lieta t’aggiri,
Mostrati impietosita al suon de’ miei sospiri.