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88 ATTO QUINTO
Radovich. So che in te l’innocenza, so che onestà si onora,

Mia ti ho chiamato un tempo, mia ti dichiaro ancora.
Zandira. Oh me contenta appieno.
Argenide.   (Di me che sarà mai?)
(piano a Canadir
Canadir. (Segui a sperar nel Cielo, e rasserena i rai).
Ibraim. Ma che fai tu, Lisauro, che taci e ti confondi?
Il tuo dover conosci? sei più crudel? rispondi.
Lisauro. Dal mio dolore oppresso, dal mio rossor convinto,
Fugge il pensier dal labbro entro al mio sen respinto.
Deh! se pietade ancora per un ingrato avete,
Anime generose, voi di me disponete.
Zandira. Io più di tutti offesa, quasi a perir costretta,
Vo’ di quel cor disporre, sia grazia, o sia vendetta.
Torna al primiero laccio, torna alla sposa in seno;
E i suoi sofferti oltraggi lava col pianto almeno.
Porgi a colei la destra. (a Lisauro, che eseguisce
  Porgila a lui tu pure.
(ad Argenide, che eseguisce
Pensa alle tue vicende, pensa alle tue sventure.
(a Lisauro
E in avvenir rammenta che non v’è pace al mondo,
Quando per l’innocenza il cuor non è giocondo.
Deh Radovich pietoso, che nel mio amor confidi,
Partiam da queste arene, torniamo ai patrii lidi.
Fede, costanza, amore, solo a te il cor destina,
Sai che non sa mentire chi nata è Dalmatina.
Questo costume antico del nostro ciel si ammira,
Nuovo zel, nuova fede, chi vi comanda inspira;
E per mare e per terra siete alla gloria nati,
Oh dell’Adriaco impero popoli fortunati.


Fine della Commedia.