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LA BOTTEGA DA CAFFÈ 221
Patrona, in sto paese

Ella farà delle faccende assae.
Dorilla. Come sarebbe a dir? (alterata
Narciso.   La me perdona:
No vorave fallar, sotto la maschera
No se sa chi ghe sia; mi parlo a caso.
Per altro in ste botteghe,
Certe persone se cognosse a naso.
Dorilla. Mi piace il vostro umor.
Narciso.   Eh via, che cade1!
Parlemose alla schietta;
Ella xe forestiera, e no la sa
L’usanza del paese.
Dorilla.   È questa appunto
La prima volta che Venezia io vedo.
Narciso. Da2 che paese xela?
Dorilla.   Io son romana.
Narciso. In tel parlar l’ho cognossua per diana.
Dorilla. (Mi sembra il caffettier fatto a mio genio).
Narciso. Za che no gh’è nissun, se poderave
Ricever un favor?
Dorilla.   Sì, comandate.
Narciso. La se cava la maschera, la lassa
Che la veda in tei viso.
Dorilla.   Eccomi pronta. (si smaschera
Narciso. (Oh che babio 3 da re, che bel musotto!
Oh che occhietto baron 4! son mezzo cotto!)
Dorilla. Che dite fra di voi? Rassembro forse
Agli occhi vostri odiosa?
Narciso. Vu me pare una riosa
Dal zardin de Cupido traspiantada;
Non ho visto nissuna

  1. Cosa serve? Che importa?: voi. I, 453, n. a e II, 98, n. a ecc.; e Boerio.
  2. Valvas. e Bett.: De.
  3. In gergo furbesco popolare, un bel visino: vol. I, 168, n. e; II, 129, n. a ecc.; e Boerio.
  4. Astuto: vol. XX, 23 ecc. e Boerio.