Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1928, XXVI.djvu/228

Da Wikisource.
226 PARTE PRIMA
Che appunto sembro nato a Toscolano.

Narciso. Lustrissimo patron, xe qua el caffè.
Zanetto. Vorla zuccaro assae? (a Dorilla
Dorilla.   Poco, pochissimo.
Zanetto. EH dolce fa dormir: lei fa benissimo.
Dorilla. Il dolce fa dormir?
Zanetto.   Sì, mia signora.
El corrompe le flemme,
El digerisce el chilo,
L’interna l’individuo,
El dissolve del cerebro i escrementi...
Via, via, la beva senza complimenti.
Dorilla. Lei è molto intendente.
Narciso.   (Oh che gran frottole!)
Zanetto. Ho studiato Aristotile,
L’Almanacco perpetuo, ed il Meschino,
Cacasseno, Bertoldi e Bertoldino.
Oh gran caffè! Cossa ghe par? È buono?
Dorilla. Prezioso in verità.
Zanetto.   Questo vuol dir
Saverse far servir; altri che mi
Nol beve in sta maniera.
Narciso. (Questo è ’L caffè che xe avanzà gersera).
Zanetto. Via, Narciso, dà liogo1. (a Narciso, piano
Narciso. Eh, no la dubita;
So el mio dover. (Ma voggio veder tutto,
Perchè mi non vorria ch’el sior Zanetto
Me levasse de man sto bel tocchetto 2. (si ritira
Zanetto. Sentemose un tantin3. Ah mia patrona! (siedono
Quell’occhio fulminante
M’ha fulminato il cor sino alle piante.
Dorilla. Lei vuol meco scherzar.
Zanetto.   Digo da senno4.

  1. Manca questo verso nelle edd. Tevernin e Zatta.
  2. Bella giovane: vedi p. 32 e v. vol. XIII, 305; XVIII, 403 ecc.
  3. Sediamo un pochino.
  4. Zatta: dasseno.