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50 goa: “la dourada„

gnano le coste di tutto il Malabar, di Ceylon, della Papuasia: compatti, monotoni, abbarbicati fin sulla sabbia, tanto che l’alta marea inghirlanda i loro tronchi d’alghe e di attinie. Sono i cocchi, la nota visiva dominante di queste contrade, le palme selvaggie che dànno al tropico quel suo profilo nostalgico. E non so come un mio compagno di viaggio li possa chiamare datteri, confonderli col dattero africano dal tronco a colonna, fatto di scaglia e di stoppa, dalle foglie di latta rigida, arido compagno del deserto e della piramide. Il cocco è l’amico della pagoda, il figlio dell’ombra umida e calda. I tronchi si profilano bianchi sulla compagine verde, obliqui, sottili come steli di gramigne favolose, lancianti a venti, a trenta metri nel cielo il razzo verde delle foglie espanse, gigantesche, ondeggianti con una grazia infinita sul tronco troppo gracile. Appoggiato al parapetto del ponte, col mento chiuso tra le mani guardo da un’ora quell’unico scenario di creature vegetali. La loro bellezza m’incanta....