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164 la marfisa bizzarra

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     Gli occhi tien chiusi e spinge il petto in fuori,
torce la bocca ed ha chiavati i denti,
strappa ciò ch’ella piglia, e merli e fiori;
non sa se donne o uomin sien presenti,
né qual atto l’onori o disonori,
che trae le lacche e l’alza, occhi veggenti;
or si rannicchia ed or si stende in fretta,
si torce, s’aggomitola e gambetta.
20
     Sei damigelle le tenean le braccia:
Marfisa tutte quante le rintuzza.
Chi l’imbusto di dietro le dilaccia,
chi di molt’acqua nella fronte spruzza.
Ipalca era graffiata, meschinaccia,
le mani, e piange e le ciglia strabuzza;
e perch’è giunto Gano, si dispera
a ricoprirle il sen che scoperto era.
21
     Quel tristo ipocriton del conte Gano
disse: — Un effetto isterico gli è questo.
Le porrò sopra il seno una mia mano:
poiché son maschio, ella guarisce presto. —
E giá stendea la man quel luterano
con gli occhi chiusi ed un visino onesto;
ma volle il caso che Marfisa a un tratto
rinvenne, e Gan rimane a mezzo l’atto.
22
     Tornata in sé la dama a poco a poco,
languidetta s’andava rassettando;
veduto Gano, il viso fé’di foco,
e che partan le dame dá comando.
Poi disse al conte: — Che di’ tu, dappoco?
in capo ci ha cacato il conte Orlando.
Ch’è del giiascon? non ebbi in vita mia
tal dolor, per la Vergine Maria. —