Pagina:Gozzi - Le fiabe. 1, 1884.djvu/253

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delle tre melarance. 31

racolo! Usciva da quella una giovinetta vestita di bianco, la quale, fedel seguace del testo della Favola, diceva tosto:

Dammi da bere, ahi lassa! Presto moro, idol mio,
Moro di sete, ahi misera! Presto, crudele. Oh Dio!

Cadeva in terra presa da un languor mortale. Truffaldino non si ricordava gli ordini di Celio, di non dover aprire le Melarance, che appresso una fonte. Balordo per istinto, e per il caso mirabile disperato non vedeva il lago vicino; gli veniva in mente solo il ripiego di tagliar un’altra delle Melarance, e di soccorrere la moribonda per la sete col succo di quella. Faceva tosto l’animalesca azione di tagliare un’altra Melarancia, ed ecco un’altra bella ragazza col suo testo in bocca per tal modo:

Oimè, muoio di sete. Deh dammi ber, tiranno.
Crepo dì sete, oh Dio! ch’io svengo per l’affanno.

Cadeva, come l’altra. Truffaldino esprimeva le smanie sue grandissime. Era fuori di sè, disperato. Una delle fanciulle seguiva con voce flebile:

Crudel destin! Di sete morrò; muoio, son morta.

Spirava. L’altra aggiungeva:

Moro, barbare stelle: ohimè, chi mi conforta!

Spirava. Truffaldino piangeva, parlava loro con