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174 memorie inutili

nel Friuli, ch’erano state vendute dall’ava paterna nell’etá pupillare di mio padre a’ nobili signori conti di Porcia, e le affittai quaranta ducati l’anno. Liberai col sesto litigio una piccola casa nella contrada di Santa Maria Mater Domini di Venezia, affittata sedici ducati. Questo piato, in cui si trattava di picciola cosa, fu piú ardente e piú fastidioso di tutti gli anteriori. La casa di fideicommisso era stata venduta da molti anni, abusando del nome del povero mio padre con un istrumento di perpetuitá per una miserabile somma, dalla moglie di mio fratello. Quella signora, con me inviperita, si degnò di trovare avvocato che mi disputasse contro e d’abbeverarlo d’una velenosa loquacitá contro di me. Il signor conte Giovanni Bujovich fu l’avvocato che, senza alterare il mio risibile, si divertí a caricarmi dinanzi a’ giudici delle piú grossolane ingiurie, perdendo la causa con tutti i voti.

Seguendo la massima fissata di far del bene alla mia famiglia, esaminai delle affittanze specialmente d’alcuni nostri poderi di Bergamasca e, non uscendo punto dalla discretezza cristiana, mi riescí d’accrescere le dette affittanze di circa dugento ducati annuali di rendita.

Ebbi una guerra infuocata nel proporre il settimo mio litigio per la ricupera de’ beni fideicommissi nel Friuli, venduti da mia madre, proccuratrice dell’infermo mio padre, col pretesto di dotare le due sorelle nostre, Marina ed Emilia, collocate in matrimonio nel tempo del mio triennio nella Dalmazia.

Quella vendita era di presso cento campi con delle fabbriche, e d’un jus di passaggio sopra al fiume Meduna, il quale era affittato sessanta ducati l’anno, ed aveva la vendita suddetta tutte le qualitá di que’ contratti che noi appelliamo «stocchi». Il direttore e notaio stipulatore degli istrumenti di alienazione era stato quel Giovan Antonio Gusèo, cancelliere, giudice, avvocato, agrimensore, notaio e noto nuovo Sinnone aderente della mia cognata, e ch’io nominai nel capitolo ventesimosesto di queste Memorie.

Ad onta delle guerre e de’ sussurri, col parere de’ miei difensori appellai al Consiglio serenissimo della Quarantia civil nuova, certo decreto della curia d’Udine fatto nascere dall’accennato