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CAPITOLO II

Mia educazione, vicende mie e della mia famiglia

sino a’ miei sedici anni.

La fratellanza nostra corse al numero di undici tra maschi e femmine. Non potrei scrivere che delle memorie onorate de’ miei fratelli e delle mie sorelle; ma io mi sono proposto di dare delle memorie intorno alla mia vita soltanto.

L’epidemia letteraria fu sempre dominatrice nel nostro albergo; ed ho de’ fratelli e delle sorelle capaci di scrivere agevolmente la vita loro, se il prurito di scriverla gli assalisse.

De’ successivi preti, non molto dotti, furono i pedanti in casa, educatori della nostra fratellanza sino ad una certa etá.

Ho detto successivi, perché, a misura della loro temeritá e de’ loro garbugli amorosi colle serve, furono scacciati e sostituiti.

S’apre una via di poter incominciare a formar un’idea del mio istinto sino dalla mia infanzia.

Fui sino da fanciulletto osservatore taciturno, nulla insolente, imperturbabile e diligentissimo nelle mie lezioni.

I miei fratelli condiscepoli traevano de’ comodi dal mio naturale all’estremo pacifico e muto. Accusavano me al pedante di tutte le impertinenze ch’essi facevano nella scuola. Io non mi degnava né di scusarmi né d’accusare, e sofferiva con somma costanza le ingiuste crudeltá del maestro punitore. Oso dire che non fu mai da alcun ragazzo mostrata maggiore indifferenza di quella che mostrava io al gran castigo di scacciarmi ingiustamente dalla mensa sul punto di pormi a pranzare. L’obbedire, il sorridere, erano le mie difese.

Questi tratti possono far giudicare a’ miei nimici ch’io fossi un ragazzo stupido, ed agli amici ch’io fossi un ragazzo filosofo. Lo sguardo del giusto è cosa rarissima.