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parte seconda - capitolo xxi 365

signor Gratarol, il quale con atto cortese mi si volse dicendo: — Signor conte, qui il Sacchi, il Fiorilli, il Zannoni, invitati da me per il tal giorno di questo carnovale, mi fanno il piacere di venire al mio casino a San Mosè a mangiare un fagiano. Non ho coraggio d’invitar lei; tuttavia sapendo la benevolenza che ha per questi personaggi e il piacere che prova della loro compagnia, s’Ella volesse essere de’ commensali, riceverei ciò per un onore.

L’invito non poteva essere piú gentile. Sentendo io quali erano i personaggi invitati da lui al suo pranzo, siccome io m’era prefisso di trattare quel signore con tutta l’urbanitá fuori dall’abitazione della Ricci, accolsi con civiltá il di lui invito, aggiungendo però che il mio stato di salute non ferma non mi lasciava impegnare d’essere in grado di godere de’ suoi favori con sicurezza, ma che perciò nulla perdeva il suo convito. Alcune di quelle ceremonie di sentimento, delle quali quel signore era fertilissimo, fissarono la giornata.

Un giorno dopo questo stabilimento m’abbattei nel Sacchi sulla piazza. Egli mi si mostrò stralunato, dicendomi che aveva bisogno d’un mio consiglio. — Poco fa — seguí egli — m’incontrai in un signore, che pranzò ieri alla mensa d’un cavaliere patrizio che presiede nel supremo tribunale. Mi trasse da un canto e mi disse: — Il patrizio tale, che voi sapete in qual tribunale presiede, discorrendo ieri alla sua mensa in via di conversazione in sui teatri, espresse queste parole: — Non so come il Sacchi, il quale ha fama d’esser cauto, di ben regolare la di lui truppa e di non dare accesso sul suo palco scenario che a qualche amico confidenziale, accetti ora seralmente e liberamente sopra al suo palco de’ secretari del senato. — Caro Sacchi — proseguí quel signore, — non dite a nessuno ch’io v’abbia riferte queste parole. Ve le dico perché vi voglio bene e perché vi regoliate onde non vi succedano cose di mortificazione.

— Ella vede, signor conte — seguí il Sacchi, — che questo avviso caritatevole privato mi mette in necessitá di porre qualche rimedio per non andar soggetto a qualche disgrazia, se avessi la temeritá di non curarlo. Le confesso, sono imbrogliato, non so qual passo fare, e chiedo consiglio.