Pagina:Grammatica filosofica della lingua italiana.djvu/385

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358 son quelli che esprimono lo stato d*uDa persona o d* una cosa; in pruova dì che qaasi tutti quelli^ tra i suddetti, che esprimono lo stato o la posizione della persona, ricevono una preposizione dopo di se, come andare in, apparire m, uscire di; e quelli che disegnano stato di cosa, ricevono per agente una cosa, come Paria balenare; la cosa bastare; la cosa bisognare. In questi sono compresi tutti quei verbi e quelle espressioni trattate nel Gap. XXVIL nella costruzion delle quali l’egente è una cosa, e il termine del verbo no dativo, rispettare e toccare nel senso di appartenere^ avendo in tal caso una cosa per agente, cioè questo s^aspetta a wi, quello tocca a me, vogliono essere per li tempi composti. I verbi il cui radicale sia uno de* sopra esposti, come a-venire, inten^enire^ oons^nire, accadere, sos^rastare, (salvo contrastare, e accrescere nel senso tT aumentare, che esprimono miorxè). soprassedere, pres^alere, riuscire, ritornare, condiscendere,. vanno soggetti alla stessa regola dei loro radicali. Ecco gli esempj. I • ViFUTo soN come peccatore. B. a. Io so ben che cosa non pareva essere ArrENVTA che tanto rossE diSPtAciuTA a madonna. B. 3. Venuta la notte, chetamente nella camera sgusci. B. 4* l’oidi pia di mille in su le porte da del piorurr. 5 • era per avventura il dì davanti a quello NEFICATO molto. B. 6. E veramente dal suo genitore non i questo figliuol degenerato. Crusca. 7. La qual doman’ da il re ef Ungheria non accettò; ma sarebbe condisceso a lasciargli l’isola. Crusca* 8. Per la qual cosa diceva la gente che egli era impazzato. B. 9. Io per me dico ben che per un tratto egli È traboccato il zucchero alla caldaia. F.