Pagina:Grammatica filosofica della lingua italiana.djvu/9

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E veramente io non mi posso dar pace, quando considero che, sebbene anche fra noi si cerchi di migliorare il sistema d’educazione, e in ispecie quello delle fanciulle che è il più difettoso; sebbene sian molti che fanno ammaestrare le lor figliuole in quelle scienze e in quelle arti che tanto accrescono di leggiadria alla donna; io forte mi meraviglio come avvenga che, per la maggior parte, si lasci indietro il più bello ornamento, la scienza prima e massima, lo studio della propria favella! Se elle sapessero quanta vaghezza spanda un puro e fluente ragionare che scorra dalle lor dilicate labbra, e quelle tanto più che ebbero la sorte di crescere nelle parti d’Italia ove meglio si pronuncia il nostro bello idioma, io non dubito che ad esso non volgessero il primo lor pensiero. Con questa scienza, del desio della quale io ardo di accendere gli animi loro, perverrebbero a poter leggere i nostri migliori autori; i quali hanno possanza d’infondere ne’ cuori, bontà, virtù, grandezza d’animo, e gentilezza; laddove non si pascono ora se non di fole e di romanzi. Sì, a voi, donne, tocca questa digressione; che ogni animo gentile sa quanto possa in noi il vostro buono esempio, di quanto nostro ben fare sia stimolo la vostra perfezione! E non mi si venga a dire che le donne non possano darsi a cotale studio della lingua e degli autori quale io propongo; elleno sono capaci quando vi si voglian mettere per tempo; ai parenti s’aspetta questa cura.

    ne ma con gran piacere ho inteso poi che prima Monsignor Azzocchi, e poi l’Abate Sacchi, s’han preso a cuore di metterla in buon concetto agli studianti del Seminario Romano, e di far loro sentire la necessità di coltivarla.