Pagina:Guarini, Battista – Il Pastor fido e il Compendio della poesia tragicomica, 1914 – BEIC 1841856.djvu/310

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del 1602 è non poco scorretta, tanto da incontrarvisi versi che non tornano (*), onde alcune correzioni furono necessarie. A tacere di quelle che possono considerarsi come correzioni di errori di stampa o di semplici sviste di chi curò l’edizione, ecco le principali: Argomento: p. 3, r. 19 «di lungo tempo»: ho corretto in «da lungo tempo»; Atto secondo, se. IV, v. 9 «saran di rado fortunati mai»: ho ag- giuntolo» prima di «mai»; Atto terzo, se. VI, V. 66 «E sola è la vita mia»: ho soppresso «E»; Atto quinto, se. II, v. 137 la misura del verso volle «lettre» in luogo di «lettere». Atto quinto, se. II, v. 163 «non» ho mutato in «no»; Atto quinto, se. V, v. 145 «Conoscerestil? Sol ch’io il vedessi»: la misura del verso vuole s’aggiunga «tu» dopo «Conoscerestil»; Atto quinto, se. V, v. 252 «bel» ho corretto in «ben»; Atto quinto, se. X, v. 11 «per fin che ne le mie case»: la misura del verso volle soppresso «mie». Una correzione abbastanza grave m’ero risoluto a fare assai a malincuore ai vv. 3-4 della scena IV dell’atto secondo, ove mi sembrava che i vv. «Ed ha ragion di favorir colei Che, sonnac- chiosa, il suo favor non chiede» venissero a indicare proprio il contrario di ciò che voleva dire l’autore. Perciò, dopo averli tor- turati in tutti i modi, m’indussi, pur con un senso di scontento e quasi di rimorso, a sostituire «non» a «ed». Ma, come suole accadere, quando il foglio era giá tirato e non v’era piú modo di correggere, mi balenò alla mente nel rileggerlo, la vera inter- pretazione del passo, e dovetti convincermi che la mia correzione non aveva ragione d’essere. Giacché è ovvio che il G. si servi di una metatesi sintattica, e che il passo vada interpretato: «E la fortuna ha ragione di favorire colei che, non sonnacchiosa, chiede il suo favore». (j) Qualche errore è indicato nelle Annui azioni; uno, indicato da queste, è cor- retto nella ristampa de) 1603: infatti, nel verso 21 del coro secondo, in questa si legge «morta», e non «mortai», «bellezza», come correggeva l’annotazione relativa, la quale tuttavia è rimasta com’era. Invece, atto IV, scena III, v. 172 non è corretto «sa- crificio infausto» in «sacro ufficio infausto», come indicava la relativa annotazione, e come correggono il Casella e l’Orlando e ho corretto io. L’errore piú grave è nell’atto III, scena IX, il terzultimo verso della quale si legge: «Hor le tropo largo si dará il fuoco ov’ io vorrei»: è evidente che le parole «tropo largo» sono soverchie.