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gegno e ricco di vizi, insaccato fino agli occhi di orgoglio, ricordava la passeggiata favolosa della pentola di terra cotta a braccetto pei manichi con la pentola di ferro; egli ci si trovava a suo bell’ agio, presso a poco come Regolo dentro la botte cartaginese.

Eponina certo ebbe a provare gli effetti della generosità russa, ma non corrisposero alla sua aspettativa, la quale, per la passione che la rodeva, era diventata improntissima; arrogi che quel vendere continuo di gioie per sostituirvi cristalli, con sicuro scapito d’interesse e con eventuale perdita della reputazione, se fosse venuto a scoprirsi, forte la infastidiva: ne punto la tranquillava l’esempio del marchese Massimo D’Azeglio, che il giorno stesso nel quale gli venne ricapitata per parte del Sultano la decorazione in brillanti della medijdieè la vendè di rincorsa, surrogando, com’ella costumava, alle gemme cristalli, imperciocchè quanto di leggieri era permesso ad uno degli archimandriti della mandria moderata d’Italia, non si concede a un semplice mortale. La facoltà di non sentire o non curare il proprio decoro è privilegio esclusivo dei signori. Difatti vendonsi dal Governo titoli di nobilea, come dallo speziale cerotti per apporli sulle ulcere e nasconderle alla vista di chi passa.

Intanto Eponina i denari raccolti spendeva sottilmente per Ludovico e per sè; gli altri tutti rimet-