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per soddisfarlo del cambio da piazza a piazza, che non poteva essere piccolo. Il principe, immaginando che da lei simili faccende s’ignorassero, aveva disegnato non farglielo pagare, ma ella ebbe avvertenza a tutto, e il modo col quale ella lo chiese parve tale al principe da torgli la voglia di disobbedire.

Intanto che la nostra egregia donna seguitava la sua carriera luminosa, le lettere giungevano a Milano, dove sortirono l’effetto da lei desiderato, conforme conobbe dalla lettera scritta qualche mese dopo dalla contessa al figliuolo, e da lei secondo il solito intercettata. Questa lettera da cima in fondo cantava gloria, osanna e alleluja. Pagato lo Zinfi giudeo; ritirati i pagherò e i biglietti falsi, da questo lato una pietra sopra ogni cosa; ma le buone al pari delle triste venture le sono come le ciliegie, però il giorno dopo che si aveva levato cotesto peso di sul petto, le si era presentato un signore, il quale, datosi a conoscere pel cassiere della casa O. Boncompagni e C, l’aveva chiarita come qualmente la prelodata casa Boncompagni e C, fosse stata vittima di un furfante matricolato, il quale aveva seco lei conchiuso un baratto di un milione circa di valori pubblici con altrettanti biglietti falsi del Banco di ***: aggiungeva riportarle i pagherò sottoscritti dal suo signor figliuolo conte Ludovico, a patto che ella gli retrocedesse i biglietti avuti in pagamento;