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382 il secolo che muore


maggiore esaltazione della Chiesa, e per tale bisognava tenere tutto che giudicano i direttori spirituali; d’altronde uno dei rari poeti religiosi d’Italia avere cantato nel suo poema:

Così all’egro fanciul porgiamo aspersi
Di soave licor gli orli del vaso,
Succhi amari ingannato intanto ei beve
E dall’inganno suo vita riceve.

Ora per lo appunto il secolo è l’infermo. Arria non potè reggersi dall’osservare: — Madre priora, o che la Chiesa la rassomiglia a un purgante? Così non mi sembra che praticasse Gesù. Egli non predicò che seguitassimo l’utile, bensì il giusto. — E la priora rispose: — Certo: ma ai tempi di Gesù gli uomini si provavano meno perversi di oggi: allora si navigava come si voleva, mentre oggi è forza schermirci come possiamo. — Con reverenza vostra, madre priora, insistè Arria, o come fate a dire che gli uomini oggi sono più tristi di quelli che vissero in antico? non furono appunto i contemporanei di Gesù che lo flagellarono e misero in Croce? — Allora la priora, per cavarsi fuori da cotesto salceto, a modo di perorazione conchiuse: — Orsù, figliuola mia, io vo’ che sappiate come nei nostri piedi bisogna deporre la nostra ragione nelle mani del direttore spirituale come un’offerta che si fa a Dio. D’altronde, questo prurito di perfidiare su tutto di rado avviene che non muova dal diavolo,