Pagina:Guerrazzi - L'asino, 1858, II.djvu/162

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lei ha buono in corte non potrebbe trovare modo di farmi uscire da questo salceto pel rotto della cuffia? —

Che ti mancava egli, sciagurato! Tu hai di tutto a isonne: chè si dimenino quelli i quali per pisciare sul suo bisogna che si piscino in mano, la capisco, ma a muoverci, noi non ci possiamo che scapitare. Io farò quello che posso, ma a un patto però...

— Quale, signor padre?

— Che tu scriva la tua confessione generale, raccontando senza preterire un iota come le cose stanno, quali i compagni e quanti, come si chiamino, dove abitino, la parte da ciascheduno di loro compita: insomma tutto.

— La mi faccia dare penne, carta e calamaio.... dal canto mio mi proverò contentarla....

Io non posso rinnegare i miei padri; dei Capponi di mercato nell’altro mondo fu detto, uno è buono e l’altro cattivo; gli Asini buoni mostraronsi tutti; a me, al padre, al nonno ed al bisnonno miei palpitò sempre un cuore di gentiluomo sotto la pelle pelosa, e parmi meglio, troppo meglio portare il pelo sul muso che dentro il cuore, come costumarono parecchi della razza umana, se dobbiamo credere quanto ci porgono le storie di Aristodemo fortissimo capitano dei Messeni238 e di Leonida Lacemonio. Plutarco nega il fatto, ma se si fosse condotto a vivere fino ai