Pagina:Guerrazzi - L'asino, 1858, II.djvu/243

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Dico Marco Varron, che un Asinello
Fu visto sì gran prezzo comperare
Che non valse mai più Bestia di quello.

Nè gli Asini soli così, ma i Pappagalli eziandio in onta ai rabbuffi di Catone il Censore contro la gioventù romana, che andava girelloni per le vie di Roma col Pappagallo sul dito come costumavano i damigelli nei tempi di mezzo col Falcone in pugno; anzi parecchi patrizii non vergognavano entrare col Pappagallo in mano in Senato; e cotesto austero vecchio non rifiniva mai di ammonire che con quella razza di costumi la Repubblica era ita, ma non la volevano intendere; quindi vennero Giulio Cesare e Augusto, Tiberio, Caligola, Claudio e Nerone e l’altra caterva di belve incoronate.

Il Pigafetta viaggiando nell’America vide pagare un Cane grande di Europa venti uomini; uno piccolo due: per un Cavallo gl’incoli della costa di Arguin offrivano dodici ed anche quattordici schiavi: il vescovo di Soissons studioso di comparire da pari suo a prendere possesso della sedia, a cui l’aveva assunto il pontefice, barattò cinque servi della mensa vescovile, tre maschi e due femmine, per un Palafreno. Degli uomini venduti, il maggior prezzo fu quello dell’eunuco Pezonto, che Seiano pagò a Caio Lulorio Prisco sette milioni di lire342 libidine, cupidità e valore mostruosi tutti.