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Pagina:Guglielminetti - Anime allo specchio, Milano, Treves, 1919.djvu/228

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218 l’amico intimo

vestita, nascose il volto nel guanciale. Solo le sue spalle sussultavano nella scossa ritmica del singhiozzo mentre Massimo la guardava costernato. E quando finalmente egli s’arrischiò a domandarle: — Giuliana, che hai, ma che hai? — accarezzandole le braccia, ella scattò a sedere, sfigurata dal pianto, coi capelli scomposti e la voce rotta:

— Non hai compreso, non hai ancora compreso quello che ho? Perdonami, Massimo, se ti faccio soffrire, ma è necessario ch’io ti dica tutta la verità. Io non ti amo, sai, non ti ho mai amato; ti ho accettato e ti ho ingannato perchè avevo bisogno d’illudermi, volevo ritrovare in te un altro amore e non vi sono riuscita. Ecco quello che ho.

Sogghignava ora col volto ancora gonfio di pianto e si passava le palme fredde sulla fronte dolente senza guardare Massimo. Ma egli invece la guardava e non comprendeva.

— Un altro amore? Che cosa vuoi dire, Giuliana? Spiegati meglio, ti supplico.

Ella sospirò, mordendosi le labbra, oppressa da quella tarda intuizione, resa convulsa dalla necessità di spiegare tutto chiaramente in larghe e sonore parole. Glie ne vennero alle labbra alcune, crudeli.

— Dio mio, sì, ti spiegherò, poichè non capisci. La donna misteriosa, amata prima