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proposta di alleanza di carlo v ai veneziani 143


che abbiamo di difenderci, la non è impresa sí facile che abbino a sperare di correrla, e le cose sono condizionate in modo, e saranno tanto piú se questa unione non si conclude presto, che el desperarci gli fa pericolo che noi non ci gittiamo a fare sí grassi partiti a’ franzesi, che gli allettiamo a passare piú che non arebbono fatto per lo ordinario; ed anche non hanno costoro tanti danari, che gli abbino a volere spendere intorno alle nostre terre munitissime, per trovarsi poi esausti se qualche piena grande gli venissi adosso. Pure quando io fussi certo che fussino per farla, io non muterei sentenzia, perché meglio è che l’abbiamo ora che, come è detto, lo inimico nostro è manco atto a offenderci, che non sará a altro tempo, per la occasione che ará di farsi grandissimo, e levarci tutte le speranze de’ sussidi mediante lo accordo nostro. Ed in questo bisogna che apparisca la vostra antica prudenzia e virilitá, che la paura de’ mali presenti non vi muova tanto che per allungargli entriate in mali e pericoli molto maggiori.

È uficio di chi governa le cittá fuggire le guerre quanto si può, ma appartiene anche alla sapienzia loro anticipare una guerra molesta e pericolosa per fuggirne una piú molesta e piú pericolosa; il che agli altri può essere difficile, ma non debbe giá essere alla nostra republica, la quale oltre alla potenzia ed opportunitá che ha di difendersi, ha avuto tanti anni guerra con questi medesimi inimici, ed a tempo che avevamo perduto tanto dello stato nostro che non ci restava in terraferma altro che Padova e Trevigi, avevamo perduto in Vicentino lo esercito nostro, ed affaticati da grandissime spese, e nondimeno nel furore della guerra, sendo el re di Francia nostro collegato battuto in Francia con gli inghilesi, tutta Italia e svizzeri con questi altri, ci bastò lo animo recusare accordi assai tollerabili secondo le condizione de’ tempi, ché ci era restituito, da Verona in fuora, tutto quello che ora tegnamo. Però sendo esperti ne’ mali, ci debbe parere minore fatica di tornare a questi travagli, a’ quali ci conduce la necessitá, e considerare che a sostenere la guerra presente non abbiamo manco cosa alcuna, che non siamo per avere se la