Pagina:Guicciardini, Francesco – Scritti politici e ricordi, 1933 – BEIC 1844634.djvu/39

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libro primo - capitolo xxviii 33


come sono le cittá solite a essere libere, quando vengono sotto uno tiranno; come e’ regni che sono stati lunghissimamente sotto una progenie, che amano communemente quello nome e quella memoria; benché questi si potria sperare di guadagnare co’ buoni trattamenti, e’ quali al fine potrebbono fare dimenticare la memoria de’ príncipi passati. Ma a quelli che hanno per inclinazione la libertá, non è sufficiente remedio el trattarli bene, perché non si può con alcuna dolcezza eradicare del petto loro quello desiderio di [non] ricognoscere superiore, di governare; e però in simile caso bisogna usare de’ rimedi forti, avendo però innanzi agli occhi che quella parte che si può guadagnare co’ benefíci, di guadagnarli; perché e’ remedi violenti, se da uno canto ti assicurano, dall’altro, massime a uno principe che non sia fondato in sulle arme proprie, fanno in mille modi debolezza. Però bisogna che el principe abbia animo a usare questi estraordinari quando sia necessario, e nondimeno sia sí prudente che non pretermetta qualunque occasione se gli presenti di stabilire le cose sue con la umanitá e co’ benefíci, non pigliando cosí per regola assoluta quello che dice lo scrittore, al quale sempre piacquono sopra modo e’ remedi estraordinari e violenti.

CAPITOLO XVIII

[Per quale cagione i romani furono meno ingrati contro agli loro cittadini che gli ateniesi.]

Se Roma non avessi mai doppo la cacciata de’ re perduta la sua libertá, si potria forse approvare la ragione considerata nel Discorso, dello essere stati piú pronti gli ateniesi a battere e’ suoi cittadini che non furono e’ romani; ma chi considera che e’ dieci occuporono la tirannide e la tennono occupata insino che la necessitá gli strinse a deporla, dirá che da altro fondamento sia nata questa differenzia, e massime ricordandosi che nel tempo ancora della recuperazione, nel

F. Guicciardini, Opere - viii. 3