Pagina:Guittone d'Arezzo – Rime, 1940 – BEIC 1851078.djvu/329

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annotazioni alle canzoni ascetiche e morali 325


v. 40. Il senso degli ultimi versi della stanza non è chiaro. Nell’apostrofe alla rea gente, il poeta dice: Dio t’ha in ira: tu sei in uggia a te stessa ed a tutti e Dio ha per fermo che questo procede, continua nei tuoi figli, cosí che il tuo piacere è la malvagitá verso di loro; la qual malvagitá sarebbe dunque prova della continuazione del male anche in loro. Poiché questo sembra essere il senso, ho escluso la lez. di A che a «lor» sostituisce «lui», intendendo: sí che il tuo piacere è la malvagitá verso di lui (Dio).

v. 43: «vi stette». Seguo A; in B, qui, come in seguito, s’ha la seconda persona singolare: «te stette... trovasti... ai quazi... l’amico tuo... tu lai oramai destrutto, tu lupo». Mi sembra che «quasi» e «oramai» siano aggiunte inutili introdotte dal copista di B che, riducendo al singolare il plurale originario ha dovuto provvedere in qualche modo a compiere la misura del verso.

v. 44: «ed antico». Il Val. legge «e d’antico»; ma mi pare sia qui da intendere «antico» come sostantivo, con valore di «antenato», cosí come al v. 47: «l’antico nostro». Il senso è questo: Oh, come indegnamente aveste una nutrice tanto dolce ed antenato tanto valoroso da farvi trovar la cittá piena d’ogni bene e d’ogni onore. E voi avete seccato la vena, distrutto l’onore, simili a lupo devastatore, cosí come esso fu buon pastore.

v. 49. Il verso dovrebbe essere endecasillabo; ma è impossibile ricostruirlo dalla lez. dei due mss.; e il minor male sará quello d’accogliere l’irregolaritá metrica.

v. 60. Si riscontri per questo passo e per altri segg. la lettera XIV (Mer., 178).

v. 93. Cioè: È dunque necessario che ben forziate il vostro potere.

v. 131: «om non stante ecc.». Se, come parve al Pellizz., p. 175, in questo straniero è da ravvisare il re Manfredi, questa canzone sarebbe stata scritta negli anni che corsero tra la battaglia di Montaperti e quella di Benevento.

XXXIV. vv. 1-4: «fiada: agrada», lez. di A che preferisco a «fiata: agrata» (cfr. XXV, 85) di B I per uniformarmi alle forme che, fuori rima, troviamo ai vv. 6, 9, 11, 13, 91.

v. 6. Il verso è ottonario, ma si può ridurre a settenario, come ha fatto il Val.: «E m’aggr. ecc.». Nota che le coppie costituite dai vv. 6-7 e 16-17 di ciascuna stanza sono di misura