Pagina:Hoffmann - Racconti I, Milano, 1835.djvu/146

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più mista; ma nulla mi turba, nulla mi toglie ai miei fantastici amici. Un aspro walsen sfuggito da quei maledetti istromenti mi richiama qualche volta dal paese delle ombre; io non odo che la voce stridente dei violini e del clarinetto che raglia: essa sale alternamente e discende per certe eterne ottave che mi straziano le orecchie, e allora il dolore acuto che provo mi strappa una esclamazione involontaria.

— Oh! infernali ottave! gridai un giorno.

Udii mormorare vicino a me: Maledetto destino! Un altro cacciatore di ottave!

Io mi alzai, e vidi che un uomo aveva preso posto alla mia tavola istessa. Egli mi guardava fissamente, ed io per parte mia non poteva allontanare i miei sguardi dai suoi.

Io non aveva veduta giammai una testa ed una figura che avessero fatta sopra di me una impressione così profonda. Un naso un po’ aquilino confinava con una fronte larga ed aperta, ove certe prominenze molto apparenti s’innalzavano sopra due sopracciglie folte e mezzo inar-