Pagina:I Duelli Mortali Del Secolo XIX, Battistelli, 1899.djvu/161

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Le trattative tra i rappresentanti furono lunghe e difficili; ma per superare le difficoltà, che ad ogni momento sorgevano e di non facile soluzione, i rappresentanti del marchese Ridolfi accettarono quasi tutte le condizioni di duello richieste dagli avversari.

Il Falevolti era un frequentatore assiduo delle sale di scherma; da venti anni si esercitava nello schermire di sciabola e godeva reputazione di forte sciabolatore. Il Ridolfi, invece, non s’era mai occupato di quella salutare arte, che s’addimanda scherma.

Il 6 di gennajo alle due del pomeriggio gli avversari s’incontrarono in una villa presso l’Antella. Messi di fronte con le formalità d’uso, il Falevolti attaccò vigorosamente l’avversario con un fendente, parato dal marchese, che rispose con un colpo di punta. La sciabola del Ridolfi incontrò il petto del Falevolti, e, penetrata nella cavità toracica, tra la settima ed ottava costola destra, per sette centimetri, aveva offeso l’aorta e provocato una emorragia interna che condusse a morte il ferito, dopo sei ore e mezza di atroci sofferenze.


1875. Mancini e Bennati1. — Il capitano cav. Eugenio Mancini, figlio di un celebre avvocato ed uomo politico di gran valore, era amicissimo del Giuseppe Bennati, addetto al Banco di Napoli e figlio al commendatore Filippo, direttore generale delle Gabelle.

Una lettera anonima mise l’inferno nel cuore al capitano Mancini. In essa lo si avvertiva del tradimento della moglie col suo più fidato amico, e gli indicava il modo di sorprendere i due colombi ne’ loro colposi colloqui.

Il marito oltraggiato si recò tosto al luogo designato

  1. Ne fa cenno il Secolo di Milano del 28-29, 29-30 maggio 1875; numeri 3269-3270.