Pagina:I Duelli Mortali Del Secolo XIX, Battistelli, 1899.djvu/260

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della sua temerità, eccitato in quell’ambiente semi-selvaggio dell’America meridionale.

Nel suo giornale vibrava una nota sola; quella della patria!


Sul defunto, Dario Papa scrisse:

«Valentini era di Recanati.

Aveva già avuto tanti duelli (di uno teneva il ricordo entro il corpo sotto forma di una palla di pistola, che non gli era mai stata estratta), tante polemiche violenti, tante diatribie personali; eppure era buono come una dolce fanciulla. Non c’è cosa che non gli si potesse dire a tu per tu. Era docile, mansueto, fin timido davanti alla parola dell’amico. Era leale a tutta prova.

Ma una volta che aveva la penna in mano, era tutt’altro. La sua violenza di parola, sempre nuova, qualche volta assurgente ad invettive di un vero valore letterario, non aveva più limiti, nè misura.

Fu la sua condanna, la sua morte. Egli è andato all’altro mondo combattendo, con le armi in pugno, come spesso ci aveva detto di desiderare.

In tanti anni, da che siamo nel giornalismo, non abbiamo conosciuto nessuno che avesse tanta rapidità di comprensione, tanta facilità ad eseguire, ad assimilare.

Nel 1884, quando infieriva il colera a Spezia, egli — sconosciuto a noi — ci comparve in ufficio all’Italia con una lettera di F. Turati che lo presentava.

— Ho estremo bisogno di lavoro, disse. Non ho un soldo in saccoccia, e ho fatto la strada da Como a Milano a piedi.

— Ma gli è che in questo momento non c’è alcun posto libero....

— Mandatemi alla Spezia. Vi scriverò delle lettere sul colera.

La sera stessa egli partiva, e le sue lettere furono così belle, vive, interessanti, che il giornale se ne avvantaggiò non poco.