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336 I Vicerè


Era successo questo: che la moglie di Orazio, il cocchiere del principe, aveva fatto una visita all’antica padroncina per annunziarle, col fiato ai denti, che scappava anche lei al Belvedere. «Eccellenza, qui non si può più stare. Oggi non sa che cosa è successo? I soldati piemontesi rimasti all’infermeria se ne andavano a raggiungere la truppa. Al Fortino, i Garibaldini li vogliono fare prigionieri. Allora, Gesù e Maria, il tenente ordina baionetta in canna! E io che passavo con le creature!... Dallo spavento sto ancora tremando! Ho fatto un fagotto di quei quattro cenci, e stasera me ne vado...» Allora, se la moglie del cocchiere andava via, lei, la sorella del principe era da meno della moglie del cocchiere?... Quest’idea non era sorta improvvisamente nella sua testa. Lottando per sposare Giulente, ella aveva giurato di non aver più che fare con gli Uzeda; tutte le ragioni da loro addotte per denigrare Benedetto e la famiglia di lui l’avevano invece sempre più confermata nel suo proposito. Ma, trionfando delle opposizioni, ella aveva cominciato a rimuginare, nelle lunghe ore d’ozio e d’inerzia, gli antichi argomenti della zia Ferdinanda, di Giacomo, del confessore; la persuasione d’essere discesa, sposando Benedetto, aveva cozzato un pezzo con l’ostinazione antica; rotto col fratello, il cruccio di non poter più entrare nella casa dei Vicerè, di sentirsi quasi posta al bando dai parenti, l’aveva occupata a poco a poco, mentre ella continuava a prendersela con loro. Al principio delle inquietudini pubbliche, la fuga generale dei nobili e dei ricchi aveva colmato la misura, ed ora ella dimenticava ciò che aveva detto contro Giacomo, la freddezza sorta tra loro due, il fermo proposito di non piegarsi: voleva andarsene al Belvedere, se perfino la moglie del cocchiere c’era andata....

Giulente stava ancora cercando di persuaderla, quando arrivò la posta; in mezzo ai giornali c’era finalmente una lettera del duca. Il duca diceva di non aver più ricevuto sue lettere, in quei momenti di agitazione, che