Pagina:I promessi sposi (1825) I.djvu/112

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Appena Ludovico ebbe potuto raccogliere i suoi pensieri, chiamato un frate confessore, lo pregò che cercasse della vedova di Cristoforo, le chiedesse in suo nome perdono dell’esser egli stato la cagione, quantunque ben certo involontaria di quella desolazione, e nello stesso tempo le desse assicurazione ch’egli si pigliava la famiglia sopra di sè. Riflettendo quindi ai casi suoi sentì rinascere più che mai vivo e serio quel pensiero di farsi frate, che altrevolte gli s’era girato per la mente: gli parve che Dio stesso lo avesse messo sulla strada, e datogli un segno del suo volere facendolo giungere in un convento in quella congiuntura: e il partito fu preso. Fece chiamare il guardiano, e gli espose il suo disegno. Ne ebbe in risposta, che bisognava guardarsi dalle risoluzioni precipitate; ma che s’egli persisteva, non sarebbe rifiutato. Allora egli, fatto venire un notaio, dettò una donazione di tutto ciò che gli rimaneva (che era tuttavia un bel patrimonio) alla famiglia di Cristoforo: una somma alla vedova, come se le costituisse una contraddote, e il resto ai figliuoli.

La risoluzione di Ludovico veniva molto a taglio pei suoi ospiti, che a cagione di lui erano in un bell’intrigo. Rimandarlo dal convento, esporlo quindi alla giustizia, cioè alla vendetta