Pagina:I promessi sposi (1825) I.djvu/171

Da Wikisource.

165

Lucia con un atto di supplicazione, e Agnese con una cera d’intelligenza, partì in fretta.

La vessazione, suol dirsi, dà intelletto; e Renzo il quale, nel sentiero retto e piano di vita percorso da lui fino allora, non s’era mai trovato nella occasione di assottigliar molto il suo, ne aveva in questo caso immaginata una da fare onore ad un giureconsulto. Andò a dirittura, secondo che aveva divisato, alla casetta che era lì presso d’un certo Tonio; e lo trovò in cucina, che con un ginocchio appoggiato sulla predella del focolare, e tenendo con la destra l’orlo d’una pentola posta sulle ceneri calde, vi tramestava col matterello ricurvo una picciola polenta grigia di grano saraceno. La madre, un fratello, la moglie di Tonio, stavano seduti alla mensa; e tre o quattro figliuoletti ritti all’intorno, aspettando, con gli occhi fissi alla pentola, che venisse il momento di rovesciarla. Ma non v’era quell’allegria che la vista del pranzo suol pur dare a chi l’ha meritato colla fatica. La mole della polenta era in ragione dei tempi, e non del numero e della buona voglia dei commensali: e ognuno d’essi, affisando con un guardo bieco d’amore collerico la vivanda comune, pareva pensare alla porzione di appetito che le doveva sopravvivere. Mentre