Pagina:I promessi sposi (1825) I.djvu/238

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e la brigata si sparpagliò, andando ognuno a casa sua. Era un bisbiglio, uno strepito, un bussare e un aprir di porte, un apparire e uno sparir di lucerne, un interrogare di donne dalle finestre, un rispondere dalla via. Tornata questa deserta e tacita, i discorsi continuarono nelle case, e morirono negli sbadigli, per ricominciar poi il domani. Fatti però, non ve n’ebbe altri; se non che al mattino di quel domani, il console stando nel suo campo, col mento appoggiato sulle mani, e le mani sul manico della vanga mezzo confitta nel terreno, e con un piede sul vangile: stando, dico, a speculare tra sè e sè sui misteri della notte passata, e sulla ragione composta di ciò che a lui s’aspettasse, e di ciò che gli convenisse di fare, vide venire alla sua volta due uomini di assai gagliarda presenza, chiomati come due re dei Franchi della prima razza, e somigliantissimi nel resto a que’ due che cinque giorni prima avevano affrontato don Abbondio, se pur non erano quei medesimi. Costoro con un tratto ancor meno cerimonioso, intimarono al console che si guardasse bene di far deposizione al podestà dell’avvenuto, di rispondere il vero, caso che ne venisse interrogato, di ciarlare, di fomentar le ciarle dei villani, per quanto aveva cara la speranza di morire di malattia.