Pagina:I promessi sposi (1825) I.djvu/289

Da Wikisource.
282


volto al padre, gli si gettò a’ piedi, ed ebbe appena fiato da dire: “perdono.” Quegli le fece cenno che si alzasse; ma con una voce poco atta a rincorare, le rispose che il perdono non bastava desiderarlo nè chiederlo, che ella era cosa troppo agevole e troppo naturale a chiunque sia trovato in colpa, e tema la punizione; che in somma bisognava meritarlo. Gertrude domandò sommessamente e tremando, che cosa dovesse fare. A questo il principe (non ci soffre il cuore di dargli in questo momento il titolo di padre) non rispose direttamente, ma cominciò a parlare a lungo del fallo di Gertrude: e quelle parole frizzavano sull’animo della poveretta, come lo scorrere d’una mano ruvida su una ferita. Continuò dicendo che, quand’anche...... caso che mai..... egli avesse avuto da prima qualche intenzione di collocarla nel secolo, ella stessa aveva ora posto a ciò un ostacolo insuperabile; giacchè ad un cavalier d’onore quale egli era non sarebbe mai bastato il cuore di regalare ad un galantuomo una signorina che aveva dato tal saggio di sè. La misera ascoltatrice era annichilita: allora il principe raddolcendo a grado a grado la voce ed il discorso, proseguì a dire, che però ad ogni fallo v’era rimedio e misericordia;