Pagina:I promessi sposi (1825) II.djvu/68

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bicchiere: era il terzo; e d’ora in poi ho paura che non li potremo più contare. Poi disse: “ah! ah! avete le grida! E io fo conto d’esser dottor di legge; e allora so subito che caso si fa delle gride.”

“Parlo daddovero,” disse l’oste sempre guardando al muto compagno di Renzo; e andato di nuovo al banco, ne trasse un gran foglio, un proprio esemplare della grida; e venne a squadernarlo dinanzi agli occhi di Renzo.

“Ah! ecco!” sclamò questi, alzando con una mano il bicchiere riempiuto di nuovo, e rivotandolo tosto, e stendendo poi l’altra mano; con l’indice teso, verso la grida spiegata: “ecco quel bel foglio di messale. Me ne rallegro moltissimo. La conosco quell’arma, so che cosa vuol dire quella faccia d’ariano, col laccio al collo.” (In capo alle gride si metteva allora l’arme del governatore; e in quella di don Gonzalo Fernandez de Cordova spiccava un re moro incatenato per la gola.) “Vuol dire, quella faccia: comanda chi può, e obbedisce chi vuole. Quando questa faccia avrà fatto andare in galera il signor don..... basta, so io, come dice in un altro foglio di messale simile a questo; quando avrà proveduto, che un giovane onesto possa sposare una giovane onesta che è contenta