Pagina:I promessi sposi (1825) III.djvu/295

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ma garzoncelli, ma fanciullette che facevano scorta a’ fratellini più teneri, e, con senno e con misericordia virile, li confortavano ad essere obedienti, li assicuravano che s’andava in luogo ove altri avrebbe cura di loro per farli guarire.

In mezzo alla mestizia e alla tenerezza di tali viste, una sollecitudine ben distinta strigneva più da presso e teneva sospeso il nostro viandante. La casa doveva esser lì vicina, e chi sa se fra quella gente.... Ma passata tutta la torma, e cessato quel dubbio, si volse ad un monatto che veniva dietro, e gli domandò della via e della casa di don Ferrante. “In malora, tanghero,” fu la risposta che n’ebbe. Né si curò di replicare; ma, scorto, a due passi, un commissario che chiudeva il convoglio, e aveva cera un po’ più di cristiano, fece a lui la stessa domanda. Questi, accennando con un bastone la parte donde veniva, disse: “la prima contrada a dritta, l’ultima casa da nobile a sinistra.”

Con un nuovo e più forte rimescolamento in cuore il giovane tira colà. È nella via; discerne tosto la casa tra le altre, più umili e disadatte; si appressa alla porta che è chiusa, pone la mano al martello, e ve la tiene sospesa, come in un’urna, prima di