Pagina:I promessi sposi (1825) III.djvu/369

Da Wikisource.

363

potuto indovinare quel che si vide pochi giorni appresso: che quell’acqua portava via, lavava giù, per così dire il contagio; che, da quella in poi, il lazzeretto, se non era per restituire ai viventi tutti i viventi che conteneva, almeno non ne avrebbe più ingoiati altri; che, fra una settimana, si vedrebbe riaperti usci e botteghe, non si parlerebbe quasi più che di quarantena; e della pestilenza non rimarrebbe, se non qualche segno qua e là; quello strascico che ognuna si lasciava dietro per qualche tempo.

Andava dunque il nostro viaggiatore con grande alacrità, senza aver disegnato nè dove, nè come, nè quando, nè se avesse da fermarsi la notte, sollecito soltanto di portarsi innanzi, di arrivar presto al paese, di trovar con cui parlare, a cui raccontare, soprattutto di poter presto rimettersi in via per Pasturo, alla cerca d’Agnese. Andava, colla mente tutta a romore delle cose di quel giorno; ma da sotto le miserie, gli orrori, i pericoli, veniva sempre a galla un pensierino: l’ho trovata; è guarita; è mia! E allora dava un salterello, con che faceva uno spruzzolo all’intorno, come un barbone uscito a riva d’un’acqua; talvolta si contentava di una fregatina di mani: e innanzi con più voglia