Pagina:I promessi sposi (1825) III.djvu/404

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“Uf! ella ha voglia di ridere,” disse questa.

“Sicuro che ho voglia di ridere: e mi pare che sia ora finalmente. Ne abbiamo passate delle brutte, neh? i miei giovani; delle brutte ne abbiamo passate: questi quattro dì che ci abbiamo a stare ancora, si può sperare che vogliano essere un po’ men tristi. Ma! fortunati voi, che, non accadendo disgrazie, avete un pezzo ancora da parlare dei guai andati! Io povero vecchio.... I birbi possono morire; della peste si può guarire; ma agli anni non c’è rimedio: e, come dice, senectus ipsa est morbus.”

“Adesso mo,” disse Renzo, “parli pur latino fin che vuole, che non mi fa niente.”

“Tu l’hai ancora col latino, tu: bene bene, t’aggiusterò io: quando mi verrai innanzi con questa creatura, per sentirvi dire appunto certe paroline in latino, ti dirò: latino tu non ne vuoi: vattene in pace. Eh?”

“Ah! che so io quel che dico,” ripigliò Renzo: “non è mica quel latino lì che mi fa paura: quello è un latino sincero, sacrosanto, come quel della messa: anche loro lì bisogna che leggano quel che è sul libro. Parlo di quel latino birbone, fuor di chiesa, che viene addosso a tradimento, nel buono