Pagina:I promessi sposi (1840).djvu/437

Da Wikisource.

CAPITOLO XXIII. 431


A misura che queste parole uscivan dal suo labbro, il volto, lo sguardo, ogni moto ne spirava il senso. La faccia del suo ascoltatore, di stravolta e convulsa, si fece da principio attonita e intenta; poi si compose a una commozione più profonda e meno angosciosa; i suoi occhi, che dall’infanzia più non conoscevan le lacrime, si gonfiarono; quando le parole furon cessate, si coprì il viso con le mani, e diede in un dirotto pianto, che fu come l’ultima e più chiara risposta.

“Dio grande e buono!” esclamò Federigo, alzando gli occhi e le mani al cielo: “che ho mai fatto io, servo inutile, pastore sonnolento, perchè Voi mi chiamaste a questo convito di grazia, perchè mi