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48 i promessi sposi

“Santissima Vergine!” esclamò Lucia: “chi avrebbe creduto che le cose potessero arrivare a questo segno!” E, con voce rotta dal pianto, raccontò come, pochi giorni prima, mentre tornava dalla filanda, ed era rimasta indietro dalle sue compagne, le era passato innanzi don Rodrigo, in compagnia d’un altro signore; che il primo aveva cercato di trattenerla con chiacchiere, com’ella diceva, non punto belle; ma essa, senza dargli retta, aveva affrettato il passo, e raggiunte le compagne; e intanto aveva sentito quell’altro signore rider forte, e don Rodrigo dire: scommettiamo. Il giorno dopo, coloro s’eran trovati ancora sulla strada; ma Lucia era nel mezzo delle compagne, con gli occhi bassi; e l’altro signore sghignazzava, e don Rodrigo diceva: vedremo, vedremo. “Per grazia del cielo,” continuò Lucia, “quel giorno era l’ultimo della filanda. Io raccontai subito....”

“A chi hai raccontato?” domandò Agnese, andando incontro, non senza un po’ di sdegno, al nome del confidente preferito.

“Al padre Cristoforo, in confessione, mamma,” rispose Lucia, con un accento soave di scusa. “Gli raccontai tutto, l’ultima volta che siamo andate insieme alla chiesa del convento: e, se vi ricordate, quella mattina, io andava mettendo mano ora a una cosa, ora a un’altra, per indugiare, tanto che passasse altra gente del paese avviata a quella volta, e far la strada in compagnia con loro; perché, dopo quell’incontro, le strade mi facevan tanta paura...”

Al nome riverito del padre Cristoforo, lo sdegno d’Agnese si raddolcì. “Hai fatto bene,” disse, “ma perché non raccontar tutto anche a tua madre?”

Lucia aveva avute due buone ragioni: l’una, di non contristare né spaventare la buona donna, per cosa alla quale essa non avrebbe potuto trovar rimedio; l’altra, di non metter a rischio di viaggiar per molte bocche una storia che voleva essere gelosamente sepolta: tanto più che Lucia sperava che le sue nozze avrebber troncata, sul principiare, quell’abbominata persecuzione. Di queste due ragioni però, non allegò che la prima.

“E a voi,” disse poi, rivolgendosi a Renzo, con quella voce che vuol far riconoscere a un amico che ha avuto torto: “e a voi doveva io parlar di questo? Pur troppo lo sapete ora!”

“E che t’ha detto il padre?” domandò Agnese.

“M’ha detto che cercassi d’affrettar le nozze il più che potessi, e intanto stessi rinchiusa; che pregassi bene il Signore; e che sperava