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copriranno il verno di secca arena e l’estate di paglia. Formati debbonsi seccare per molto tempo; ed è meglio seccargli all’ombra, acciocchè non solamente nella superficie, ma anco nelle parti di mezzo, siano egualmente secchi: il che non si fa in meno di due anni. Si fanno e maggiori e minori secondo la qualità degli edificj da farsi, e secondo che di loro ci vogliamo servire; onde gli Antichi fecero i mattoni dei publici e grandi edificj molto maggiori dei piccioli e privati. Quelli che alquanto grossi si fanno; si deono forare in più luoghi, acciocchè meglio si secchino e cuocano.


CAPITOLO IV.

Dell’Arena.


SI ritrova sabbia, ovvero arena di tre sorti, cioè di cava, di fiume, e di mare. Quella di cava è di tutte migliore ed è o nera, o bianca, o rossa, o carboncino, che è una sorte di terra arsa dal fuoco rinchiuso ne’ monti, e si cava in Toscana. Si cava anco in Terra di Lavoro nel territorio di Baja e di Cuma, una polvere detta da Vitruvio Pozzolana, la quale nelle acque fa prestissimo presa, e rende gli edificj fortissimi. Per lunga esperienza si è visto, che la bianca tra le arene di cava è la peggiore, e che fra le arene di fiume la migliore è quella di torrente, che si trova sotto la balza, onde l’acqua scende: perchè è più purgata. L’arena di mare è di tutte l’altre men buona; e dee negreggiare ed essere come vetro lucida: ma quella è migliore, che è più vicina al lido ed è più grossa. L’arena di cava, perchè è grassa; è più tenace, ma si fende facilmente; e però si usa nei muri e nei volti continovati. Quella di fiume è buonissima per le intonicature, o vogliam dire per la smaltatura di fuori. Quella di mare, perchè tosto si secca e presto si bagna, e si disfà per lo salso, è meno atta a sostenere i pesi. Sarà ogni sabbia nella sua specie ottima, se con mani premuta e maneggiata, striderà, e che posta sopra candida veste, non la macchierà, nè vi lascierà terra. Cattiva sarà quella, che nell’acqua mescolata la farà torbida e fangosa, e che lungo tempo sarà stata all’aria, al sole, alla luna, ed alla pruina: perciocchè avrà assai di terreno e di marcio umore atto a produrre arboscelli e fichi selvatichi, che sono di grandissimo danno alla fabbriche.


CAPITOLO V.

Della Calce, e modo d’impastarla.


LE pietre per far la calce o si cavano dai monti, o si pigliano dai fiumi. Ogni pietra de’ monti è buona, che sia secca, di umori purgata, e frale, e che non abbia in se altra materia, che consumata dal fuoco lasci la pietra minore; onde sarà miglior quella, che sarà fatta di pietra durissima soda e bianca e che cotta rimarrà il terzo più leggiera della sua pietra. Sono anco certe sorti di pietre spugnose, la calce delle quali sarà molto buona all’intonicature de’ muri. Si cavano nei monti di Padova alcune pietre scagliose, la calce delle quali è eccellente nelle opere che si fanno allo scoperto e nell’acque; perciocchè presto fa presa e si mantiene lungamente. Ogni pietra cavata a far la calce è migliore della raccolta, e di ombrosa ed umida cava piuttosto che di secca, e di bianca meglio si adopra che di bruna. Le pietre che si

piglia-