Pagina:I quattro libri dell'architettura.djvu/8

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Signor Giovan Giorgio Trissino splendore de’ tempi nostri, ed i Signori Conti Marc’Antonio ed Adriano fratelli de’ Thieni, ed il Signor Antenore Pagello Cavalier; e oltre a questi, i quali passati a miglior vita nelle belle ed ornate fabbriche loro hanno lasciato di se un’eterna memoria, vi è ora il Signor Fabio Monza intelligente di assaissime cose; il Signor Elio de’ Belli figliuolo che fu del Signor Valerio celebre per l’artificio de’ Camei, ed dello scolpire in cristallo, il Signor Antonio Francesco Oliviera, il quale oltre la cognizione di molte scienze è Architetto e Poeta eccellente, come ha dimostrato nella sua Alemana poema in verso eroico, ed in una sua fabbrica a’ Boschi di Nanto, luogo del Vicentino; e finalmente (per lasciare molti altri, i quali con ragione si potrebbono in questo numero porre) il Signor Valerio Barbarano, diligentissimo osservatore di tutto quello che a questa professione s’appartiene. Ma per ritornare al proposito nostro, dovendo io dare in luce quelle fatiche che dalla mia giovanezza infino a quì ho fatte nell’investigare e nel misurar con tutta quella diligenza che ho potuto maggiore quel tanto degli antichi edificj, che è pervenuto a notizia mia, e con questa occasione sotto brevità trattare dell’Architettura più ordinatamente e distintamente che mi fosse possibile, ho pensato esser molto convenevole cominciare dalle case de’ Particolari: sì perchè si deve credere che quelle a i publici edificj le ragioni somministrassero, essendo molto verisimile, che innanzi, l’uomo da per se abitasse, e dopo vedendo aver mestieri dell’ajuto degli altri uomini a conseguir quelle cose, che lo possono render felice (se felicità alcuna si ritrova quaggiù) la compagnìa degli altri uomini naturalmente desiderasse ed amasse; onde di molte case si facessero i Borghi, e di molti Borghi poi le Città, ed in quelle i luoghi, e gli edificj pubblici; sì anco, perchè tra tutte le parti dell’Architettura, niuna è più necessaria agli uomini, nè che più spesso sia praticata di questa. Io dunque tratterò prima delle case private, e verrò poi a publici edificj; e brevemente tratterò delle Strade, dei Ponti, delle Piazze, delle Prigioni, delle Basiliche cioè luoghi del giudizio, dei Xisti e delle Palestre, ch’erano luoghi ove gli uomini si esercitavano, dei Tempj, dei Teatri, e degli Anfiteatri, degli Archi, delle Terme, degli Acquedotti, e finalmente del modo di fortificar le Città, e dei Porti. Ed in tutti questi libri io fuggirò la lunghezza delle parole, e semplicemente darò quelle avvertenze, che mi parranno più necessarie, e mi servirò di quei nomi, che gli artefici oggidì comunemente usano. E perchè di me stesso non posso prometter altro che una lunga fatica e gran diligenza, ed amore, che io ho posto per intendere e praticare quanto prometto, s’egli sarà piaciuto a Dio, ch’io non m’abbia affaticato indarno, ne ringrazierò la bontà sua con tutto il cuore, restando appresso molto obbligato a quelli, che dalle loro belle invenzioni e dalle esperienze fatte ne hanno lasciato i precetti di tal’arte; perciocchè hanno aperta più facile ed espedita strada alla investigazione di cose nuove, e di molte (mercè loro) abbiamo cognizione, che ne farebbono per avventura nascoste. Sarà questa prima parte in due libri divisa. Nel primo si tratterà della preparazione della materia, e preparata, come, ed in che forma si debba mettere in opera dalle fondamenta fino al coperto: ove faranno quei precetti che universali sono e si devono osservare in tutti gli edificj così pubblici come privati. Nel secondo tratterò della qualità delle fabbriche, che a diversi gradi d’uomini si convengono, e prima di quelle della Città, e poi dei siti opportuni e commodi per quelle di Villa, e come deono essere compartite. E perchè in questa parte noi abbiamo pochissimi esempi antichi de’ quali ce ne possiamo servire, io porrò le piante e gl’impiedi di molte fabbriche da me per diversi Gentilomini ordinate, ed i disegni delle case degli Antichi, e quelle parti che in loro più notabili sono, nel modo che ci insegna Vitruvio, che così essi facevano.