Pagina:I versi latini di Giovanni del Virgilio e di Dante Alighieri, Venezia, 1845.djvu/65

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GIOVANNI DEL VIRGILIO

A DANTE ALLIGHIERI,

EPISTOLA.


 
Delle Muse alma voce, che di nuovi
Canti l’inferno orbe ricrei, con fronda
Vitale a ripurgarlo, il trino stato
Mentre svolgi, che fisso è degli estinti
5Al merto; l’Orco ai peccatori, a’ spirti
Sospirosi del cielo il leteo fiume,
Ed a’ beati i regni al sol di sopra;
A che sempre vorrai cose sì gravi
Gittar al vulgo? E noi da studio emunti,
10Nulla di te poeta leggeremo?

Di Davo muoverà prima la cetra
Il ricurvo delfin; prima gli enimmi
Svolger potrà della fallace Sfinge,
Che la gente idiota raffiguri
15Il Tartaro profondo, e quell’arcane
Sedi del ciel, che Plato attinse appena,
E che pur non digeste, gracidando
Il comico buffon, che Flacco aborre,
Canta sul trivio. —

                                E tu dirai: Non parlo
20Di tai cose a costor, ma solo ai dotti.