Pagina:I versi latini di Giovanni del Virgilio e di Dante Alighieri, Venezia, 1845.djvu/85

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     80T’invita il luogo mio; l’umido fonte
     Dentro irriga lo speco, a cui fa tetto
     Grosso macigno, ed i virgulti ombrello.
     L’origano all’intorno olezza, e induce
     Il papavero al sonno, onde un oblio
     85Che i sensi molce, di serpillo un letto
     Alessi stenderà dove corcarti.
     Io stesso Coridon perché lo chiami
     Ne pregherò; Nisa a lavarti i piedi
     S’accingerà gentile, indi la cena
     90Appresterà. Da Testili conditi
     Saran con pepe i funghi, e ben difesi
     La mercè d’aglio molto, a caso mai
     Che l’imprudente Melibeo n’avesse
     Mal trascelto talun nei florid’orti.
     95Con lor grato ronzio l’api frattanto
     Il mele t’offriranno; e tu corrai
     Tra le poma le belle; altre gustate
     Di Nisa le dirai pari alle guance;
     D’altre, difese dalla gran bellezza,
     100Farai conserva, e non saran le meno.
     Ed ecco serpeggiar colle radici
     L’ellera all’antro sopra, a farti un serto:
     Nè qui manco verrà diletto alcuno.
     Or vieni, e qui saran quanti vederti
     105Hanno desio, pastor giovani e vegli,
     Ch’ardono d’ammirar i nuovi carmi,
     E apprender l’armonie del verso antico.
     Eglino a te selvatici capretti,
     Eglino t’apporran terga rotonde