Pagina:I versi latini di Giovanni del Virgilio e di Dante Alighieri, Venezia, 1845.djvu/95

Da Wikisource.

     Ad agitar i mantici del petto
     Così rapidamente ti costrinse?

M. Egli nulla all’incontro; ma ben quella
     Ch’ei seco avea siringa al labbro pose
     55Tremulo ancor, nè all’aure sen venia
     Un filo pur del suono disïato.
     Mentr’ei s’adopra il giovanetto a trarne
     Voce arundinea (strane cose io parlo,
     Ma però vere), la siringa stessa
     60Da sè medesma a risuonar imprese:
     Sott’esso a caso i colli irrigui, dove
     Ninfa procace la Savena incontra
     Il verde Reno — e, tre se al fiato i fori
     Rispondevano ancor, di versi cento
     65Fra gl’intenti pastori la dolcezza
     Titiro sparso avria, come con esso
     Tra sè pensava anch’egli Alfesibeo:

A. Che a Titiro così mandò gli accenti:
     E tu vorresti, venerando veglio,
     70Del Peloro lasciar gl’irrigui campi
     Per andartene all’antro dei Ciclopi?

T. Cui egli: o mio carissimo, e n’hai dubbio?
     A che mi tenti?

A.                      E Alfesibeo: io dubbio?
     Io tento? E non t’avvedi, che la tibia
     75Del Nume per virtù si fa canora,